Prima delle Leggi – Un percorso di approfondimento antropologico per una nuova consapevolezza collettiva
Il rapporto di ricerca “Prima delle leggi” ha inteso, già dal titolo, esplicitare chiaramente una vocazione “alta”.
Prima delle leggi, prima dell’apparato normativo, che pure regola o tenta di regolare la convivenza civile, esiste “qualcos’altro” su cui abbiamo smesso da troppo tempo di interrogarci. Prima delle leggi esistono i valori condivisi dalla collettività o, più modestamente, i valori su cui si è raggiunta una relativa mediazione. Dopotutto una legge, in qualsivoglia forma, è il prodotto, spesso inconsapevole e istintivo, della mediazione tra diritti contrastanti.
Oggi sentiamo tutti l’urgenza di tornare a pensare ai fondamentali della convivenza, per ritrovare il senso del vivere insieme in una collettività, sia essa realtà locale, nazione, stato federato. In questo senso si può, quasi paradossalmente, essere contenti del malessere diffuso, del precipitare delle cose; perché nei fatti siamo stati costretti a scuoterci, uscire dal cerchio stretto del privato e tornare a occuparci di quello che accade nella società.
La ricerca è stata realizzata in Italia su un campione di 1.200 persone, distribuite per sesso, età (50-65), area geografica e ampiezza demografica.
La via buona – Ripartire da noi per cambiare la realtà.
Il Rapporto 2010, realizzato dalla società Ermeneia di Roma (a cura di Nadio Delai), ha inteso dunque guardare agli atteggiamenti dell’intero corpo sociale e non solo della componente più matura di esso, come era nella tradizione più che decennale dell’Associazione 50&Più. Un percorso non consueto Può sembrare forse un po’ improprio e magari avventato uscire dalla pura analisi della dimensione anziana per guardare all’insieme delle generazioni e contemporaneamente trattare un tema apparentemente controcorrente come è quello della Vita Buona, vista l’ondata di “vita cattiva” che si ha l’impressione di dover affrontare tutti i giorni (sul piano delle relazioni private come pure – e talvolta ancora di più – delle relazioni politiche e istituzionali). Eppure il sociale oggi invia segnali che, sotto l’apparente ambivalenza, esprimono voglia e speranza di uscire dal ciclo di progressivo impoverimento comportamentale e valoriale che viviamo, pur in presenza di atteggiamenti e comportamenti propri del ciclo precedente. La sostanza della questione è che, vicino alle tante “bolle” che si sono via via sgonfiate nel tempo, c’è anche quella che potremmo definire come “bolla soggettuale”. Essa è cresciuta grazie ad una sorta di ipertrofia dell’Io, con la conseguente manifestazione di tendenze ispirate ad una competizione acuta, ad un individualismo spinto e ad un forte egoismo che si sono manifestati e che si manifestano ancora a più livelli, pur mostrando sempre di più una loro palese inappropriatezza rispetto alla convivenza collettiva e al desiderio del Paese di cambiare passo. Ed è per questo che bisogna avere la capacità di “guardare oltre”, cogliendo i segnali di mutamento o quanto meno le “stanchezze” che emergono sul piano della vita privata e di quella pubblica, senza timore di compiere un salto nel vuoto: infatti nello stesso tessuto sociale che pure manifesta le distorsioni appena richiamate, alberga anche una parallela volontà di ricomposizione, di equilibrio, di migliore convivenza sociale, di nuova spinta solidale. Per tali ragioni si può parlare dell’esistenza di una domanda di Vita Buona diffusa e tutta da interpretare, che va colta nel processo di mutazione in corso, il quale ha la necessità di trovare parole adeguate per essere opportunamente espresso e collocato all’interno di un nuovo ciclo che chiede di essere portato alla luce. E proprio per guardare oltre si sono voluti misurare i segnali del graduale mutamento di segno presenti nel sociale, tramite un’analisi condotta su un campione rappresentativo nazionale di popolazione italiana adulta.
Una piattaforma per la maturità attiva.
Il Rapporto 50&Più Fenacom 2008 è dedicato esplicitamente all’esplorazione di una possibile vita attiva a pieno titolo, a partire proprio dal momento dell’entrata in pensione delle persone. Un po’ provocatoriamente si potrebbe dire che a sessant’anni (età media della quiescenza oggi in Italia) può cominciare un secondo ciclo di vita attiva, ivi compreso l’ambito lavorativo, anche di tipo diverso rispetto a quello già sperimentato, evitando di pensare che la discontinuità riguardi sempre le altre generazioni e mai la propria. L’anziano vitale è sempre più percepito come tale e inoltre esso si aspetta un maggior ruolo sociale riconosciuto. Ebbene se la soggettualità matura è oggi più forte e si accompagna in parallelo ad una crescita numerica pronunciata delle persone della terza età (con i baby-boomers, più istruiti, più professionalizzati, più esigenti, in corso di pensionamento), anche la responsabilità di tali soggetti tende a diventare più elevata: non si può pensare di contare di più senza dare di più, avendo spalle più robuste rispetto al passato. Se si vuole essere ascoltati maggiormente come categoria, bisogna riconoscere la propria forza e giocare quest’ultima sul piano dei rapporti tra le generazioni, sollecitando contemporaneamente istituzioni e mercato a fare la propria parte nei confronti di soggetti sociali più dinamici. Il Rapporto 2008 ha esplorato perciò le propensioni delle persone nel rileggere la propria fase pensionistica presente o futura, in vista dell’assunzione di maggiori impegni, a partire proprio dalla vita di lavoro (ma non solo). Tre fasce di età sono state esaminate in parallelo (i 50-59enni, i 60-69enni e i 70enni e oltre), verificando come l’iceberg dell’abitudine si stia sciogliendo ed esista un insieme di situazioni già oggi definibili come “pensionamento attivo”. Senza contare la propensione ad incrementare tale condizione da parte di tutti gli intervistati e specialmente da parte dei 60-69enni che sembrano rappresentare la fascia di prima, naturale estensione di una vita più attiva. Per questo si è anche predisposta da parte dell’Associazione 50&Più Fenacom una vera e propria “Piattaforma per la maturità attiva”, diretta a sollecitare quelle azioni di accompagnamento da parte dei soggetti pubblici, che meglio possono aiutare l’esercizio di una libera prosecuzione del proprio impegno, per sé e per l’intera società.
Il passaggio dall’Io al Noi.
È questo il decimo Rapporto che 50&Più Fenacom dedica alla trasformazione del mondo degli anziani. Molta strada è stata compiuta dal momento in cui si è voluto promuovere un cambio di paradigma nella cultura, della società e delle istituzioni: passando cioè da una visione di fragilità, povertà, solitudine, non autonomia in cui gli anziani erano relegati ad una visione che sapesse invece recuperare la realtà che a pieno titolo presenta ormai da tempo una maggioranza di persone vitali, autonome e desiderose di svolgere ancora una buona vita attiva per sé e per gli altri. Ormai il messaggio è passato ed è stato raccolto (fortunatamente) anche da molti altri protagonisti associativi ed istituzionali, anche se le decisioni e le attuazioni conseguenti sono ben lungi dall’essere compiute o quanto meno soddisfacenti. Per questo si è ritenuto opportuno affrontare quest’anno un nuovo cambio di paradigma, quello che richiede di passare da una soggettualità individuale ad una soggettualità relazionale. Se l’anziano è riconosciuto come soggetto a pieno titolo forte e vitale, ciò non significa che il percorso sia concluso: al contrario serve rafforzare la relazionalità che sostenga l’individuo nei suoi momenti di debolezza come pure la relazionalità che sviluppi la capacità di rappresentare i propri interessi e di farli valere sul piano associativo da parte della categoria. È questa la ragione che ha portato ad effettuare due indagini di campo parallele, rispettivamente su un campione di anziani italiani e su un gruppo di testimoni privilegiati nell’ambito della classe dirigente associativa di 50&Più Fenacom: per verificare la domanda di relazionalità che emerge tra le persone della terza età e per promuovere un’offerta associativa che sappia accompagnare in maniera adeguata il passaggio ad una fase più evoluta di un mondo anziano esigente e vitale.
La famiglia sostanziale. Le forme familiari della Terza e Quarta Età
Ogni ricerca, è noto, parte da un’ipotesi di lavoro, che si tenta di verificare mettendola a confronto con la realtà, in pratica osservando e interrogando le persone. Nella ricerca presentata in questo volume, le persone sono state intervistate telefonicamente: l’ipotesi era che al di là dei legami di affetto e solidarietà primaria, che sussistono fra i diversi componenti della famiglia ristretta – che qui talvolta chiameremo anche “famiglia di fatto” (perché è quella che di fatto vive sotto lo stesso tetto, quella che è fisicamente presente in casa) – vi sia una più vasta ed articolata rete di rapporti e relazioni di aiuto, sostegno, anche economico, affetto e compagnia, sulla quale le persone, tutte le persone, possono contare soprattutto in caso di necessità. L’indagine si limita a considerare l’esistenza di questa rete nella sola popolazione anziana, fra gli ultrasettantenni. Per una ragione evidente: tra le persone più avanti negli anni la famiglia di fatto, la famiglia naturale, in genere è ridotta alla sola coppia, più spesso al coniuge sopravvissuto; ed è proprio in queste condizioni che si apprezza maggiormente la presenza di legami che scavalcano il perimetro della sola famiglia di fatto per estendersi appunto a quella che in questa indagine abbiamo stabilito di chiamare “la famiglia sostanziale”. Il rapporto è composto di tre parti. Nella prima vengono esposte alcune considerazioni di scenario sui cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nella struttura demografica, in particolare in quella delle età, nella composizione delle famiglie e nelle politiche rivolte alla famiglia, in Italia e altrove. La seconda illustra il disegno e gli strumenti dell’indagine, riporta i principali dati sulle caratteristiche del campione e delle famiglie degli anziani intervistati. La terza parte entra in medias res, ovvero analizza le reti familiari degli anziani rispetto a tutta una serie di variabili e di specifiche situazioni di bisogno della vita quotidiana giungendo, infine, ad illustrare otto configurazioni o tipologie di famiglia che rappresentano la realtà delle famiglie di fatto e delle famiglie “sostanziali” delle persone anziane.
Redistribuire il “sovraccarico” della generazione adulta
Il Rapporto Essere Anziano Oggi costituisce ormai un appuntamento annuale che offre l’opportunità di riflettere sul tema dell’invecchiamento della popolazione, ma in un’ottica positiva e promozionale. Sin dall’inizio, infatti, si è voluto mettere l’accento sulle “risorse nascoste” che fanno capo al mondo anziano, tradizionalmente percepito più come un problema che non come parte della soluzione. Se è vero che il 90% delle persone mature è ancora in forze e sostanzialmente autonomo, malgrado qualche problema con cui convivere, allora bisogna saper sfruttare questa potenzialità sia per la categoria che per l’intera società. Ma, di Rapporto in Rapporto (e questo è ormai l’ottavo), ci si è resi conto che rimettere in gioco gli anziani significa riconsiderare anche i rapporti che intercorrono tra le diverse generazioni e le rispettive responsabilità. Per questo si è voluto quest’anno “parlare di adulti per parlare di anziani” (oltre che di giovani). I confini della famiglia allargata ( comprendente cioè i membri non conviventi) tendono infatti oggi ad ampliarsi, per l’esistenza contemporanea di persone molto giovani, adulte, anziane e molto anziane, che intrattengono rapporti di reciproco aiuto economico, assistenza e sostegno psicologico. In questo quadro la generazione adulta finisce col risultare compressa da una fascia di giovani con permanenza prolungata in famiglia da un lato, e da una fascia di anziani che presenta una speranza di vita sempre più elevata dall’altro. Come affrontare allora una rivalutazione del ruolo delle persone anziane, senza ripensare l’insieme delle relazioni che legano queste ultime al mondo adulto? E come non coinvolgere nella revisione il rapporto tra adulti e giovani che costituiscono l’altra componente del sovraccarico della fascia generazionale intermedia? Il Rapporto esplora questo territorio più ampio, nel quale poter redistribuire le responsabilità che fanno capo a tutte le fasce di età considerate, nella consapevolezza che solo una revisione dei rispettivi ruoli e responsabilità può creare una prospettiva di convivenza più stabile ed equilibrata di quella attuale.
Valorizzare la forza inespressa delle generazioni
Presidiare adeguatamente il mondo degli anziani costituisce una necessità per la categoria, ma anche per l’intera società. C’è infatti bisogno di un utilizzo pieno, consapevole e maggiormente equilibrato di tutte le risorse umane disponibili, specie in considerazione dell’allungamento progressivo della vita. Da tempo ormai il Rapporto “Essere Anziano Oggi” rappresenta un appuntamento di analisi e di confronto su questo tema. Quest’anno si è voluto tuttavia compiere un’operazione più articolata che implica anche di parlare di giovani per parlare meglio di anziani. Non si tratta di un’indebita estensione dell’argomento, bensì della naturale conseguenza delle analisi promosse negli anni passati da 50&Più Fenacom. Se si vuole infatti riequilibrare il sistema di convivenza e le risorse pubbliche e private in gioco, rispetto ai bisogni del mondo anziano bisogna innanzitutto riconoscere che esso è costituito da una parte maggioritaria di persone in buone e/o discrete condizioni di reddito, di salute e di autonomia, specie se si guarda al periodo immediatamente seguente all’entrata in pensione (60-70 anni di età). Ed è proprio su questa fascia di persone che è stata posta l’attenzione quest’anno, per verificare meglio le potenzialità nascoste, in vista di un loro re-inserimento sociale più dinamico e non solo di un loro “buon ritiro” dalla vita attiva. Parallelamente si è guardato ai giovani 20-30enni che hanno problemi di inserimento nella vita adulta, ma tendono a gestire un decennio impropriamente prolungato e spesso deresponsabilizzante, rispetto alle proprie possibilità reali. Entrambi i gruppi sociali considerati hanno dunque l’esigenza di sfruttare meglio la forza inespressa dei “due 10” (i dieci anni che intercorrono tra i 60 e i 70 e tra i 20 e i 30 anni di età), per rendere più piena ed interessante la vita dei rispettivi protagonisti, ma anche maggiormente equilibrate le relazioni tra le diverse generazioni, in tema di diritti e di doveri reciproci. Le ali generazionali esterne considerate dal Rapporto sono portatrici di energie vitali, ma non risultano spesso sufficientemente impegnate a vivere al meglio delle possibilità la loro esperienza di vita, giocata al rialzo, per se stessi e per l’intera società. Tanto più che una vita anziana sempre maggiormente estesa e un periodo giovanile eccessivamente prolungato finiscono per schiacciare in maniera inappropriata la fascia adulta in termini di oneri economici, organizzativi, psichici e relazionali che invece dovranno essere ridistribuiti in modo più equilibrato tra le generazioni.
Rispondere alle attese della terza età vitale in Europa
Ristabilire una visione equilibrata del mondo anziano non rappresenta un’esigenza solo italiana, ma investe l’intera Europa.L’invecchiamento della popolazione ha bisogno infatti di essere interpretato al di là dei numeri che disegnano un futuro più sbilanciato sulle componenti mature della società.Serve perciò saper guardare alla soggettività delle persone anziane che oggi restano attive a vitali ben oltre l’età della pensione.Solo lavorando su questa risorsa nascosta sarà possibile affrontare il tema dell’invecchiamento altrimenti insolubile. Reimmetere nella vita attiva (professionale, familiare, civile) la componente anziana vitale costituisce un compito che richiede un cambiamento di prospettiva e politiche adeguate.Per questo si è voluto sentire direttamente la componente anziana dei vari Paesi, oltre che quella delle relative associazioni di rappresentanza.I contesti nazionali sono diversi e le opinioni assumono, conseguentemente, sfumature e pesi differenti. Ma presentano anche convergenze inevitabili sulla necessità di passare all’azione per sostenere in maniera più esplicita la voglia di prolungata autonomia degli anziani vitali.La “chiamata” è per tutti: per le singole persone e il loro impegno ad investire le proprie energie, per le associazioni e il compito di interpretare i nuovi interessi, per le istituzioni nazionali che devono inventarsi politiche appropriate e per l’Europa, da cui ci si aspetta un segnale inequivocabile in questa direzione.
Responsabilità intergenerazionale e diritti di cittadinanza
Persone anziane o persone mature? La questione non è puramente linguistica, perché costituisce un segnale di identità e di assunzione di responsabilità da parte dei soggetti oltre l’età della pensione. Riportare a visibilità sociale la componente vitale del mondo anziano, facendola uscire dall’area indistinta in cui le persone di una certa età venivano tradizionalmente collocate è stato un impegno costante del Rapporto Annuale “Essere Anziano Oggi” che ha raggiunto ormai la sua quinta edizione. Questa volta si è voluto mettere a confronto quattro generazioni parallele attraverso quattro distinti campioni (giovani, giovani-adulti, adulti ed anziani) sui temi-chiave della maturità e cioè la percezione dell’identità e del ruolo sociale della terza età, le funzioni crescenti che la componente vitale di essa esercita e la necessità di “bilanciare” le relative politiche. Servono infatti una politica specifica, di tipo promozionale verso gli anziani vitali e una, altrettanto specifica, di tipo assistenziale per gli anziani deboli. I risultati dell’indagine mostrano un’elevata convergenza di opinione degli intervistati sull’evoluzione dell’anziano verso una figura più ricca e articolata rispetto al passato. Ma evidenziano anche la necessità di rompere la “fissità” dello schema dei rapporti che legano le generazioni tra loro, andando al di là dell’unico tema che di solito si affronta (“chi pagherà le pensioni?”), per investire invece il lavoro, il reddito, il sostegno psicologico, lo scambio emotivo e valoriale.Abbiamo un vestito normativo, ma anche culturale, ormai invecchiato per capire come sia profondamente cambiato un corpo sociale e non solo una componente di esso. Presidiare le trasformazioni di uno dei soggetti in gioco (le persone mature) può innescare un processo di revisione più ampio e contribuire a disegnare rapporti più equilibrati e soddisfacenti per le singole generazioni.
Liberare la forza dell’età matura.
Il Rapporto del 2001 esplora due importanti ambiti della terza età: il primo riguarda la forza economica del soggetto anziano, che non solo consuma per sé ma permette atti di spesa quotidiana e di investimento ai figli, ai nipoti, ai fratelli; il secondo riguarda le attese e i bisogni della terza età nei confronti delle Istituzioni, alle quali gli anziani chiedono un sostegno per poter esprimere una maggiore responsabilità verso se stessi e verso gli altri. I risultati della ricerca rivelano l’esistenza di un anziano con spiccate caratteristiche di “consumatore esteso e/o silente” perché contribuisce con le proprie risorse alle spese di altre generazioni, specie più giovani; ma evidenziano anche, sempre tra gli anziani, la necessità di politiche di “promozione” (e non soltanto di pura “assistenza”) così che essi siano in grado di liberarsi dall’essere tradizionalmente considerati come appartenenti a una “categoria protetta”.
I bisogni inevasi del consumo
L’energia nascosta della terza età rappresenta un giacimento da sfruttare, in particolare per qualificare l’offerta di beni e di servizi, oggi ancora troppo poco pensati per un anziano dinamico ed economicamente solvibile. A questo scopo sono stati esplorati i “bisogni inevasi” dell’anziano. Malgrado, infatti, la disponibilità ad acquistare, spesso vi sono barriere che si frappongono (consumi impediti), inadeguatezza a cui ci si adatta (consumi di ripiego), acquisti di cui poi ci si pente (consumi delusi) o che si fanno con fatica per le condizioni in cui avvengono quotidianamente (consumi difficili). Liberare le energie nascoste nei tanti atti incompiuti di consumo, costituisce un’esigenza per i protagonisti anziani e un vantaggio per le aziende che vogliano presidiare un mercato ampio, interessante e in forte crescita.
Una piattaforma per la maturità attiva
L’indagine di 50&Più Fenacom approfondisce un ambito specifico, quello del consumatore anziano, completato dal quadro dei valori dell’identità (individuale e collettiva) e dei rapporti tra le diverse generazioni. Ne emerge uno stile di consumo evoluto, nel quale trova posto il piacere di essere protagonisti attivi e arbitranti delle proprie spese, ma anche la consapevolezza di poter “consumare meglio”, nonché la valutazione ponderata del fenomeno della pubblicità.
Una strategia compiuta per le generazioni
La ricerca si articola su cinque ambiti fondamentali: 1. la presenza della componente anziana nell’organizzazione sociale, con particolare attenzione all’adeguatezza del suo ruolo e al rapporto tra le generazioni; 2. l’evoluzione quantitativa della condizione anziana in Italia e in Europa e la previsione dei futuri andamenti per i prossimi 10-20 anni; 3. la complessità del mondo anziano: dai redditi ai consumi, dal risparmio agli investimenti, dalla salute al tempo libero, dal turismo all’abitazione, dal lavoro alla partecipazione sociale, dalla famiglia ai valori; 4. le debolezze da sostenere in termini di povertà materiali, di nuove povertà (in particolare le solitudini) e di stato dei non-autosufficienti; 5. le politiche in grado di rispondere alla necessità dell’oggi, ma più ancora a ciò che riserverà il futuro.